Paulo Coelho dice... “impossibile fermare il
fiume della vita” ed infatti, buono, buono... è già trascorso un intero anno da
quando ho avuto l’onore di far parte della sezione escursionismo del C.A.I.
Monviso, apprezzandone, da subito, le persone ed il loro modo di fare,
l’ambiente solidale, la condivisione, la grande attenzione e professionalità.
Ma, in primo luogo, ho trovato degli amici, con i quali ho vissuto
momenti unici ed irripetibili accumulatisi nell’animo avventura dopo avventura.
Oggi mi ritrovo in veste di “osservatrice” e non più di allieva, con il
compito di “buttar giù due righe” sulla prima uscita pratica del 17° Corso di
Escursionismo, che prende il via sotto un cielo cupo e minaccioso.
Anche il nome del luogo che percorreremo promette bene: Vallone degli
Invincibili...
Torneranno imbattuti i nostri sedici eroi iscritti al corso, o la
selezione sarà spietata?
Alla stazione, prima di trasferirci in Val Pellice, qualcuno si
“arrovella” cercando di capire come mai su Internet non si riescano a reperire
notizie relative a questo posto misterioso, per poi scoprire che... sarà pur
vero che gli istruttori metteranno gli allievi a dura prova, ma... non in
maniera così brutale, tanto da accompagnarli nel... “Vallone degli Assassini”.
Risolto l’enigma del toponimo appuntato in maniera errata, sui visi
torna il sereno ed il lungo serpentone di auto può salire fin verso Bobbio
Pellice ed oltre, sino alla borgata Bessè.
Intanto, sopra le nostre testoline, il cielo diventa plumbeo, iniziando
a deliziarci col suo nettare scrosciante. Per nulla scoraggiati ed intimoriti,
ci trasformiamo rapidamente in un nutrito gruppo multicolore, infilando giacche
impermeabili, copri zaini, berretti e quant’altro a disposizione.
L’aspro vallone degli Invincibili, per l’ambiente suggestivo e
selvaggio ancora integro che offre, ma soprattutto per l’importanza storica che
riveste, è da considerarsi uno dei siti più interessanti della Val Pellice. La
dicitura sulla bacheca all’inizio dell’itinerario dice: “ In questo vallone, tra “barme” e anfratti quasi inaccessibili,
trovarono rifugio e riparo molti valdesi che si videro costretti a lasciare le
loro case di fondovalle a seguito della revoca dell’editto di Nantes del 1685”.
Divisi in due gruppi, imbocchiamo la mulattiera, da subito, ben
evidente e procediamo speditamente fino al primo attraversamento di un
ruscello, dove diversi tronchi accatastati rendono malagevole l’incedere dei
nostri passi.
Il grado di difficoltà dell’escursione non si presenta sicuramente come
turistico, infatti, poco oltre, la mulattiera è assai rovinata ed il passaggio
viene facilitato grazie ad un rustico
ponticello sistemato sulle rocce insidiose.
Conclusa l’impresa da “funamboli” ci troviamo a dover nuovamente
attraversare il torrente, saltando come grilli da un masso all’altro, sorretti,
per fortuna, dalle braccia poderose dei nostri validi istruttori.
Il vallone si apre ora in tutta la sua selvaggia grandiosità; si sale
per brevi tornanti in parte scavati nella roccia o sospesi su vertiginosi ed
arditi muretti a secco, per poi raggiungere un suggestivo passaggio tra due
rocce.
Manca poco alla meta quando già si riescono a scorgere gli anfratti
naturali usati dai valdesi come riparo e dimora e, attraversato un breve
pianoro ombreggiato da faggi, perveniamo a Barma d’Aut, un alpeggio ormai abbandonato,
posto a 1513 metri d’altezza.
Foto di rito per i due gruppi e, come sempre, gran condivisione di
“ghiottonerie” e chiacchiere, senza la pioggia che... non avevo più
ricordato... si era defilata quasi subito.
“Impossibile fermare il fiume della vita”... impossibile prolungare
oltre misura questi attimi...
Resteranno i ricordi e l’impaziente attesa che precederà la prossima
storia che scriveremo nuovamente insieme.
La Maestra a Quadretti
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