venerdì 9 luglio 2010

Laghi di Ryoure - domenica 4 luglio 2010

Ore 6:00 di domenica mattina: ci ritroviamo, qualcuno un po’ assonnato, qualcuno fin troppo sveglio, pronti a partire. Dopo una doverosa tappa volta al recupero di altri temerari e al beneamato bar di Dronero raggiungiamo Chiappera per poi parcheggiare al “campo base” (wow….addirittura!!).

Un venticello gelido ci rincorre mentre ci avviamo sul sentiero; il verde e l’azzurro fanno da padroni assoluti mentre, salendo, ci lasciamo alle spalle la sagoma della Provenzale.

Saliamo con calma, fermandoci solo per pausetta colazione e dopo 2 ore raggiungiamo il colle Mourin...incredibile, la neve è poca!!

Incrociamo sul nostro cammino un gruppetto di prodi cavalieri accompagnati da un esserino grigio, peloso, oppresso dai bagagli e con le orecchie lunghe…no, non è un uomo è solo l’asino Mosè.

E poi via con la sfilata dei laghi. Il primo, in cui si specchiano le montagne chiazzate di neve, seguito dal secondo e, dopo una breve pietraia, dal terzo. Per non farsi mancare niente, qui e là ci sono sparsi altri laghettini, o pozzangherone se vogliamo essere meno poetici, frutto dello scioglimento della neve.

Avvistiamo, parecchio più in alto, qualche camoscio o stambecco che sia, insomma dei quadrupedi prettamente alpini, che scorazzano sulla neve con la naturalezza che abbiamo noi quando camminiamo per strada. Bello essere un “4x4”!

Raggiungiamo il colle Ciabrera, dove ci dedichiamo al pranzo, come sempre abbondante, condiviso e ben “annaffiato”.

Una pausa, qualcuno si dedicata alla siesta e poi di nuovo tutti in cammino fino ad incrociare il sentiero che arriva dal colle di Bellino e scendere fino alle macchine.

Una quantità incredibile di genzianelle punteggia la discesa, che spettacolo.

Arrivati alle macchine si millanta di aver fatto 1.000 mt di dislivello….sarà ma o siamo in gran forma o la giornata è stata così bella che la fatica non si è fatta sentire.

Plin plon: fine del momento serietà.

Bene, la cronaca dell’uscita, breve chiara e coincisa sta qui sopra, qui sotto invece c’è quel “di più” che proprio non si riesce a trattenere.

Ed è un di più fatto d’allegria, di occhi assonnati quando ci si presenta all’appuntamento mattutino ancora intorpiditi dal sonno ma con il sorriso che è proprio lì, acciambellato e arruffato, pronto ad uscire.

E’ un di più fatto di un viaggio in macchina e canzoni canticchiate a mezza voce, arrotolati sui sedili mentre il sole inizia a scaldare. E’ l’incanto delle cascate che sembrano darci il buongiorno con quel loro canto scrosciante.

Sono gli scherzi, le battute, le punzecchiature bonarie mentre gli scarponi vengono allacciati e la crema solare spalmata in stile “colori di guerra della tribù dei piedi candidi” fin quando qualche anima pia non ti rincorre per avvisarti delle tracce bianche che ti porti in giro.

E’ un di più fatto di un chiacchiericcio che non si spegne neanche nelle salite più ripide, sono strofe di canzoni intonate a più voci, sono borracce passate di mano in mano, cioccolato che si scioglie sulle dita. E’ un saltellio tra una pietra e un’altra e uno sguardo indietro per vedere se c’è qualcuno in difficoltà, è una serie di mani tese per sorreggere da uno scivolone.

E’ un di più fatto di una roccia cercata con cura, una tavola improvvisata intorno alla quale riusciamo a stare tutti in uno spingi spingi generale per non lasciare fuori nessuno perché a pranzo si sta tutti insieme e si continua a ridacchiare per qualsiasi sbuffo o frase o parola e l’ironia la fa da padrona (beato chi sa ridere di sé stesso perché non finirà mai di divertirsi!).

Il di più è fatto di discorsi impegnati, di impressioni di vita, di argomenti che iniziano in modo pacato per poi infiammare gli animi e ti ritrovi a camminare sempre più lentamente perché bisogna spiegare, bisogna capire, bisogna comprendere…e stemperare tutto con una foto scema.

E’ la consapevolezza che quello che unisce è una passione comune; siamo tutti qui per quello, ma sarebbe da stupidi non approfittare di questo amore per la montagna che ci accomuna per scoprire chi abbiamo accanto.

Il di più è il “bagno” nel ruscellino gelido, il rabbrividire perché per gelido s’intende proprio gelido ma la voglia di starsene con i piedi a mollo è più grande e sembriamo una serie di anatrelle rabbrividenti e dedite alla pulizia.

E, ciliegina sulla torta, è lo storcere il naso all’idea di salutarsi semplicemente così, con un arrivederci e grazie, perché è un peccato abbandonare tutta quest’armonia. E allora si finisce di nuovo intorno a un tavolo, a pituccare uno dal piatto dell’altro una fetta di pizza, una forchettata di polipo, due tagliolini, una cucchiaiata di dolce. I volti arrossati dal sole, il mal di stomaco a forza di ridere, la stanchezza che inizia a farsi sentire.

Lorenza…

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